Con il direttore di inSella inauguriamo un percorso di dialogo insieme ai protagonisti dell’editoria di settore: al centro il futuro della mobilità, la comunicazione, le sfide per il comparto industriale e tanto altro ancora
La chiacchierata con Ferdinando Restelli, direttore del mensile inSella, inizia dalle quattro ruote. Al nostro appuntamento si presenta comunque in moto, rigorosamente. L’aria pungente non lo ferma mai. E non ferma nemmeno il suo invidiabile entusiasmo: Nando è impregnato di passione per il suo lavoro e per i motori e la rilascia con altrettanto implacabile fervore. Adora parlare; il suo racconto, con competenza, ti porta a spasso dentro la storia del settore come su un veloce ottovolante. Parliamo dei vari modelli di Land Rover 88 e Defender, poi del suo recente “innamoramento” per una vecchia Mercedes-Benz GE, fuoristrada d’altri tempi… e infine arriviamo alle due ruote, partendo proprio da dove è iniziata la sua carriera, dalle auto, quando «tardivamente, all’età di 31 anni», entra in Rizzoli e inizia a scrivere per AutoCapital e poi MotoCapital. Un posto di lavoro – ci racconta – «ottenuto dopo aver inviato un fax in redazione: è cambiato il mondo, esattamente come sono cambiati i lettori».
E come sono cambiati?
«Parlando del nostro settore, è cambiato il mercato e si è alzata l’età media d’accesso alla moto. Solo un paio di decenni fa, a 14 e a 16 anni la moto era una conquista, prima ancora della passione era uno strumento che significava emancipazione, significava socializzazione, vivere il gruppo, raggiungere gli amici ovunque. Oggi è diverso. E non per colpa del telefonino, o ameno non solo: sono cambiate molte altre cose. Le tantissime auto davanti alle scuole medie e superiori, ad esempio, sono guidate da genitori che accompagnano i figli perché hanno paura e alzano muri di gomma contro il desiderio di due ruote dei figli e delle figlie (le ragazze in moto hanno già ottenuto la parità di genere), rimandando l’acquisto. E questo a fronte di una necessità di mobilità dei giovani che è sempre viva, malgrado il supporto della tecnologia e della rete. Risultato: oggi la prima moto si compra più avanti, quando inizia una fase di indipendenza economica più consolidata».

A proposito di mobilità, come valuti il ruolo delle due ruote in epoca di pandemia da Covid-19 e di necessità di distanziamento?
«Per il nostro settore questo periodo molto difficile ha avuto anche dei riflessi positivi. Di fronte alla necessità di muoversi in modo distanziato e all’esigenza di riscrivere le regole di mobilità, soprattutto in ambito urbano, è emerso che i veicoli migliori sono quelli a due ruote: moto e scooter, ma anche la bicicletta e le eBike. E questo si è ripercosso in modo positivo sul mercato: già ad aprile 2020, in pieno lockdown, i dealer erano sommersi di richieste per l’usato e con maggio si è iniziato a immatricolare il nuovo in modo sostenuto, facendo ripartire il settore. Abbiamo visto che qualcuno ha riscoperto la moto, magari rimettendo in funzione mezzi che giacevano nelle cantine, ma accanto a questi “motociclisti di ritorno” ci sono stati soprattutto tanti nuovi utenti che hanno comprato un po’ di tutto. Questo ha reso il mercato meno polarizzato rispetto agli ultimi tempi, rimescolandolo e ampliandolo (pensiamo al successo delle medie cilindrate), ma anche aprendolo all’elettrico, che nel 2020 ha avuto un’accelerazione importante».

Elettrico, che invece faticava un po’ a prendere piede.
«E ora, “grazie” a questo momento particolare – e anche agli incentivi – vive invece un momento interessante. Poi, rispetto all’auto, nel nostro settore abbiamo la fortuna di disporre di mezzi molto più fruibili, che si possono ricaricare in casa, con costi abbordabili e un’autonomia in ambito urbano davvero vincente e vantaggiosa. E proprio nelle città credo che questi veicoli rappresenteranno un elemento fondamentale della mobilità e avranno il futuro più promettente, più del monopattino che obiettivamente è pensato per gli spostamenti dell’ultimo miglio e ha una convivenza difficile con le auto».
Mobilità e passione rimangono quindi le due componenti fondamentali del nostro mercato?
«Beh, non dimentichiamoci che la passione è la componente fondamentale della moto: in auto ci salgono tutti, in moto ci sali solo se ti piace. Attenzione, la moto per me è qualsiasi cosa che abbia due ruote e un motore: quando qualcuno accelera per la prima volta in sella a una moto o a uno scooter, sente l’aria sulla pelle e vede scorrere l’asfalto sotto le ruote, vive un’emozione indimenticabile e diventa un motociclista, senza distinzioni».
Lo scorso anno abbiamo dovuto rinunciare all’edizione 2020 di EICMA a novembre, che probabilmente è il contenitore più grande e importante al mondo di questa passione. Cos’ha significato questa assenza?

«Egoisticamente è combaciata (ride) con un record di accessi per il nostro sito insella.it. E questo significa che in quel periodo dell’anno c’è una grande attesa e un interesse consolidato attorno a EICMA, al settore e alle novità. Ma obiettivamente il ruolo di EICMA va oltre le novità e il loro valore per il comparto: c’è un rapporto diretto e fisico tra appassionato e moto che ha bisogno di uno spazio dove realizzarsi. Il concetto della passione va oltre l’utilità: se le moto fossero solo oggetti utili, non servirebbe un’esposizione come EICMA, basterebbe guardare le foto su Amazon per fare una scelta, senza toccarli e vederli. Con la moto c’è una relazione diversa, questo appuntamento è una sorta di celebrazione profana delle due ruote, è un momento in cui la gente vive lo spettacolo e il ruolo di EICMA come evento ha ancora un’utilità e un’importanza enorme. Magari cambiando qualcosa per via del momento, ma tutti stanno aspettando l’Edizione 2021».
Ti riferisci al ruolo dell’online?
«No, penso più alla fruizione in sé dell’evento, che l’online non può sostituire. La pandemia ci ha permesso di passare dal passato al futuro in pochi mesi: tutto quanto era inespresso o solo annunciato dagli esperti di web è diventato concreto per necessità. Ebbene, adesso sappiamo perfettamente cosa ci può dare l’esperienza online, ma soprattutto sappiamo cosa non ci può dare. E certe sensazioni, come quelle dei saloni, non le possiamo ancora vivere attraverso uno schermo».
Rimaniamo nell’ambito digitale. La rete ha portato alla ribalta tanti influencer anche nel nostro settore, alcuni molto bravi e altri improvvisati. Per qualcuno rappresentano già il passato, c’è chi pensa che siano il presente e il futuro. si parla spesso, anche a sproposito, di competenza e di contrapposizione alla professione giornalistica, creando una matassa difficile da sbrogliare e talvolta fine a sé stessa. Qual è il tuo pensiero?
«Non ho nulla contro gli influencer e non rimpiango il passato, sarebbe sciocco farlo: dico solo che tutto dipende dal target e dagli obiettivi di comunicazione. Per questo motivo non li temo: la “mission” del nostro mensile e del sito è diversa dalla loro. Noi ci poniamo come l’amico esperto a cui chiedi un consiglio su come spendere meglio i tuoi soldi, ed è un ruolo che non compri con i like, la fiducia devi guadagnartela col tempo. Quando ci si limita a presentare i nuovi prodotti e a descriverne le caratteristiche, gli influencer possono invece essere concorrenti temibili: c’è il rischio che la componente spettacolo prenda il sopravvento rispetto a quella dell’informazione. Allora vince chi è più bravo negli effetti speciali, a impennare e sgommare, ma soprattutto a montare un video “emozionale”, come fanno loro appunto. Molti fanno un lavoro ottimo, sia chiaro, e hanno un seguito incredibile: la gente vede e si diverte, giustamente. Ma alla fine, quando si tratta di aprire il portafoglio, gli appassionati si rivolgono ai giornali con una storia e soprattutto a inSella: nessuno si diverte a buttare via i propri soldi e quando si tratta di acquistare qualcosa, anche se è legato alla passione, si cerca un’informazione realmente di servizio».

Chiudiamo parlando del giornale che dirigi: nel 2021 inSella festeggia 21 anni di presenza nelle edicole italiane. Un bel pezzo di strada contraddistinto da cambiamenti significativi per il settore e l’editoria.
«inSella è arrivato in edicola nell’agosto del 2000 sull’onda del successo di alVolante, io ci lavoro dall’inizio del 2002, il sito inSella.it è arrivato alla fine del 2011. In questi anni abbiamo visto profondi cambiamenti nel nostro settore e nell’intera società. All’inizio qualcuno (nelle aziende del settore) non ci prendeva sul serio, per l’approccio concreto ai prodotti e ai servizi, poi si è ricreduto. inSella è stata veramente un’intuizione innovativa, un successo che ha cambiato il mercato editoriale con la forza dei numeri: da quando esiste, inSella è il mensile di moto di gran lunga più diffuso d’Italia, raggiungendo nel 2008 un record di vendite di oltre 260mila copie. La nostra ambizione, quella “mission” di cui parlavo prima, è sempre la stessa: rispondere alle domande espresse e inespresse del lettore in modo semplice, ma corretto tecnicamente, senza mai dimenticare gli aspetti pratici della passione (quanto costa, cosa spendo per mantenere un veicolo, i km0, i listini). Poi c’è l’apertura alle novità: inSella è stato il primo periodico a descrivere l’affermazione dello scooter durante i primi anni 2000 e il consolidamento del mercato motociclistico per come lo conosciamo oggi. Ora stiamo collaudando nuovi canali innovativi per portare informazioni utili ai lettori/follower, nonché ai concessionari (anche loro ci seguono e ci sostengono), ma… di questo parleremo la prossima volta!».
